La storia del rapporto tra Confindustria e governo è caratterizzata da fasi contrastanti e altalenanti fatte di momenti di coesione e momenti di scontri durissimi. La Fiat, ad esempio, è la dimostrazione più netta e tangibile dei rapporti esistenti tra Confindustria e governo.
La crisi della Fiat e il contributo dello Stato
All’inizio degli anni 90’ la Fiat, che all’epoca non sapeva ancora chi fosse il signor Marchionne, chiese ed ottenne dallo stato dei contributi economici per fronteggiare un periodo di forte crisi legata soprattutto ad un’immagine vetusta e poco competitiva tra il mercato delle automobili. In quegli anni, lo stato italiano decise di investire nella più grande industria italiana per salvare posti di lavoro ma anche per rilanciare le vendite della casa automobilistica. Oggi, siamo molto lontani da quei tempi. Da quando Sergio Marchionne è diventato l’amministratore delegato della Fiat e Lapo Elkann ha rilanciato il marchio catturando sui nuovi prodotti l’attenzione e l’interesse del mercato globale, la Fiat ha conosciuto una fase di sviluppo inarrestabile. I nuovi prodotti di punta, tra cui la modernissima 500 e la nuova Punto, sono andati a ruba e nelle metropoli di tutto il mondo, i fan del Made in Italy fanno di tutto per avere una di queste auto.
La crisi mondiale e l’abbandono della Fiat
Tuttavia, questo scenario è cambiato con l’arrivo della crisi, e di Marchionne. Il nuovo amministratore delegato di Fiat, infatti, essendo un manager che guarda ai risultati e ai numeri di un’azienda ha capito che fare questo lavoro in Italia è difficile: il costo degli operai è alto, il rapporto con i sindacati è pesante per non parlare del fatto che lo stato italiano si è rifiutato di spendere soldi per aiutare nuovamente l’azienda. Le conseguenze di questa decisione, come è ovvio, non sono state felici: Marchionne ha annunciato che dal 2012 sarà fuori da Confindustria (il che significa che a Marchionne non interessa fare impresa in Italia perché non ritiene ci siano le condizioni per crescere), molti stabilimenti fiat e indotti stanno chiudendo perché il lavoro è stato spostato all’estero e, dulcis in fundo, migliaia di persone hanno perso il loro posto di lavoro. Il rapporto tra Confindustria e governo resta problematico, non solo per quanto riguarda il caso fiat (che è quello più eclatante) ma anche per le migliaia di piccole e medio aziende che popolano il belpaese.